La vicenda nasce dall’impugnazione di alcune cartelle di pagamento con cui era stato richiesto il pagamento dell’IMU relativa agli anni d’imposta compresi tra il 2009 ed il 2011, emesse dal Comune di Lacco Ameno (NA). La Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello del Comune. La decisione era stata emessa in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva invece accolto il ricorso del contribuente, provvedendo quindi ad annullare gli atti impugnati. Avverso la decisione dei giudici di secondo grado, il cittadino proponeva ricorso per Cassazione. Innanzi alla Suprema Corte,  veniva contestata l’omessa pronuncia da parte dei giudici regionali circa l’inesistenza della notifica a mezzo pec delle cartelle, perchè mancanti della firma digitale. La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27374 della Sez. VI Civile del 24/10/2019, ha accolto il motivo d’impugnazione del contribuente. Gli Ermellini hanno stabilito che, laddove i giudici di merito non si siano espressi su determinati vizi dell’atto di appello, il ricorrente in Cassazione può domandare al giudice di legittimità di svolgere un esame di merito della causa. […]

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La Corte di Cassazione si è definitivamente pronuncia in merito a un ricorso per l’annullamento di una cartella di pagamento relativa alla Tariffa di Igiene Ambientale riguardante gli anni di imposta compresi tra il 2004 e il 2009, con la sentenza n. 14038/2019, Sez. V, pubblicata in data 23 maggio 2019.

Per i Supremi giudici, la Parte fissa della tariffa, è sempre dovuta, non essendo richiesta la presenza del nesso causale con il servizio. Essendo questa destinata alla copertura dei costi generali del servizio per la raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, la parte fissa è dovuta sulla base del mero possesso o detenzione dei locali, a qualunque uso adibiti.

La questione nasce da una cartella di pagamento impugnata presso la CTP di Treviso, che aveva rigettato il ricorso del contribuente. In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva accolto l’appello, motivandolo con l’esclusione dalla superficie tassata delle superfici adibite alla  produzione e al magazzino del prodotto finito, poiché non idonee alla produzione di rifiuti, sia per la parte fissa che per quella variabile.

I giudici di Piazza Cavour, nella motivazione della loro decisione, sono partiti dall’esame dell’art. 49 del c.d. Decreto Ronchi (decr. legisl. n. 22/1997 3 s.m.i.)[…]

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Nell’ambito dell’attività di mecenatismo, lo studio supporta i giovani artisti producendo le loro opere.

Nell’ambito dei servizi offerti, vi è la gestione dei patrimoni artistici con consulenza preventiva e successiva in occasione delle verifiche della Guardia di Finanza – Nucleo tutela del patrimonio artistico ed archeologico e, più in generale, dei controlli che l’amministrazione finanziaria riserva alle opere d’arte. Lo studio valuta ogni singolo acquisto di oggetti d’arte da parte dei propri clienti, specie se di rilevante valore, fornendo un’attenta analisi della congruità del reddito dichiarato rispetto alla spesa da effettuare, delle somme di denaro che hanno supportato l’acquisto, delle forme di finanziamento, di disinvestimento di altri beni, di ipotesi di successione o donazione. L’Avvocato Nicola Ricciardi, come collezionista e come esperto in diritto tributario, offre servizi di consulenza sia agli appassionati e ai collezionisti che vogliono compiere acquistare o vendere, sia agli operatori del settore che svolgono vera attività di impresa. Inoltre lo Studio assiste musei e fiere relativamente alle questioni tributarie.

Il cliente viene assistito sia in relazione alle imposte dirette (plusvalenza al momento della cessione dell’opera), sia alle imposte di successione e donazione.

In Italia vige la regola in base alla quale si presumono compresi nell’attivo ereditario il denaro, i gioielli e i beni mobili (incluse le opere d’arte) per un importo pari al 10% del valore dell’asse ereditario.

La commercializzazione di un’opera d’arte viene poi valutata sotto il profilo della imposte indirette (in Italia, l’acquisto sconta un’aliquota IVA del 22% se la vendita è avvenuta in galleria ovvero del 10% se avviene direttamente dall’artista o dagli eredi).

Qualora poi le opere d’arte siano custodite all’estero, sono previsti altri obblighi.

Ci sono infine diverse situazioni da tenere in conto: il diritto di seguito, la certificazione delle opere di artisti scomparsi e viventi, i rapporti con gli archivi ufficiali degli artisti scomparsi e molto altro.

Lo Studio è inoltre a disposizione per fornire consulenza strategica professionale e accreditata per la progettazione di collezioni e per chi volesse comprendere il passaggio evolutivo da compratori a collezionisti, allo scopo di produrre valore culturale, economico e finanziario per sé e per i propri eredi.

Lo studio è partner di HUB/ART.

Per approfondire

L’Avvocato Nicola Ricciardi chiarisce alcuni punti sul rapporto tra Fisco e opere d’arte. Come l’Amministrazione Finanziaria italiana considera le opere d’arte?

Rileva per il Fisco la compravendita di oggetti di arte? E se si, fino a che punto? Come considera l’Agenzia delle Entrate gli operatori del settore? Rileva la figura del Direttore artistico del Museo, della Fiera e delle istituzioni culturali? Può il Fisco contribuire alla promozione e valorizzazione dell’aspetto culturale del Paese?

Partiamo da un dato: il mercato delle opere d’arte è più vivo di quello immobiliare e azionario. Si pensi ad esempio che l’arte contemporanea nel solo 2017 ha generato un giro d’affari di oltre un miliardo e mezzo, in Italia, con un aumento del 3,2% rispetto all’anno precedente.

Un condominio ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle Entrate sulla possibilità di continuare a usufruire dello sconto in fattura per lavori di riqualificazione energetica rientranti nel Superbonus, dopo aver cambiato l’impresa esecutrice.

Il caso specifico

Il condominio aveva avviato i lavori presentando:

  • Una CILA ordinaria, come richiesto dalla normativa locale.
  • Una CILAS Superbonus, depositata il 17 novembre 2022.

A causa di modifiche alle norme nel 2023, i lavori erano stati sospesi temporaneamente.

Poi, nel 2024:

  • Una prima impresa ha iniziato i lavori ed emesso una fattura con sconto in fattura del 70% il 26 marzo 2024.
  • Il condominio ha pagato il restante 30% con bonifico parlante il 29 marzo 2024.
  • Successivamente, questa impresa ha abbandonato il cantiere ed è stata trovata una nuova ditta per proseguire i lavori.

I dubbi del condominio

Il condominio ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se, dato il cambio di impresa:

  1. Si può ancora beneficiare dello sconto in fattura, visto che parte delle spese era già stata pagata prima del 30 marzo 2024.
  2. La modifica alla CILAS per il cambio ditta influisce sulla possibilità di usufruire del Superbonus.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

Secondo l’Agenzia, il cambio di impresa è una semplice variante in corso d’opera e non incide sul diritto allo sconto in fattura.

L’opzione per lo sconto in fattura rimane valida perché:

  • Alla data del 30 marzo 2024, era già stata sostenuta almeno una spesa documentata (fattura emessa e pagamento effettuato).
  • Il D.L. 39/2024 stabilisce che basta aver pagato almeno una parte dei lavori entro questa data per continuare a beneficiare dello sconto in fattura.
  • Le modifiche alla CILAS non impediscono di accedere al Superbonus, come chiarito dalla Circolare n. 13/E del 13 giugno 2023.

Consiglio per i condomini

Per evitare dubbi interpretativi o problemi con l’Agenzia delle Entrate, è consigliabile rivolgersi a un avvocato tributarista. Un esperto può verificare la correttezza della procedura seguita e fornire assistenza in caso di contestazioni o necessità di chiarimenti con il Fisco.

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Roma Capitale nelle ultime settimane ha spedito oltre 400.000 accertamenti TARI. Non tutti questi atti però sono legittimi e molti sono invece da annullare.

L’analisi delle criticità presenti negli avvisi di accertamento della TARI evidenzia la possibilità per i contribuenti di contestare eventuali errori tramite ricorso, con l’obiettivo di ottenere l’annullamento dell’atto. Di seguito, vengono descritte le principali incongruenze e i rimedi disponibili.

  1. Prescrizione dell’anno 2018 e parte del 2019

Gli avvisi di accertamento per gli anni 2018 e parte del 2019 potrebbero essere contestati se emessi oltre il termine di decadenza, che è fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere versato (art. 1, comma 161, L. 296/2006).
Ad esempio, per il 2018, la decadenza scatta il 31 dicembre 2023. Se l’avviso è stato notificato dopo questa data, è possibile richiederne l’annullamento.

  1. Eventuale locazione in corso

In caso di locazione, l’obbligo di pagamento della TARI ricade sul conduttore (art. 1, comma 642, L. 147/2013). Gli accertamenti che attribuiscono erroneamente il tributo al proprietario dell’immobile possono essere contestati fornendo prova del contratto di locazione registrato.

  1. Errore nella categoria applicata

La tariffa TARI deve essere commisurata alla categoria di utilizzo dell’immobile. Errori nella classificazione catastale o tariffaria rendono l’avviso contestabile. L’ente impositore è tenuto a fornire una motivazione adeguata sull’applicazione della categoria, pena l’annullabilità dell’atto.

  1. Metratura errata

La TARI è calcolata sulla superficie imponibile, pari all’80% della superficie catastale (art. 1, comma 645, L. 147/2013). Se l’accertamento si basa su dati errati, come una metratura sovrastimata, è possibile richiedere la correzione o l’annullamento dell’atto.

  1. Numero di occupanti dichiarato errato

Per le utenze domestiche, il calcolo della TARI si basa sul numero degli occupanti risultante dagli elenchi anagrafici o dalle dichiarazioni del contribuente. Errori in questo dato possono influire sull’importo del tributo e costituire motivo di contestazione.

Possibilità di ricorso

Se gli avvisi di accertamento presentano errori o incongruenze, i contribuenti possono:

  1. Presentare un’istanza di annullamento in autotutela, evidenziando le irregolarità.
  2. Proporre ricorso alla Corte di giustizia tributaria, come previsto dall’art. 21, comma 1, D.Lgs. 546/1992.

Nota importante: Anche un errore apparentemente minore può rendere l’accertamento nullo. È quindi fondamentale verificare attentamente gli avvisi ricevuti e agire tempestivamente per tutelare i propri diritti.

In conclusione, se gli accertamenti notificati risultano errati, è possibile avviare le procedure per richiederne l’annullamento, evitando di pagare somme non dovute. Questa possibilità assume particolare rilevanza considerando il numero significativo di accertamenti notificati da Roma Capitale, che aumenta il rischio di errori e incongruenze.

Noverca di Filippo Riniolo prodotto da Studio legale tributario Ricciardi

Il diritto del cittadino alla difesa contro gli atti illegittimi

Nelle ultime settimane, vi è stata un’importante attività di recupero della Tari da parte di Ama e del Comune di Roma; come sempre, in situazioni di questo tipo, non va dimenticato un principio cardine del nostro ordinamento: il diritto del contribuente di opporsi agli atti illegittimi.

Il diritto alla difesa contro atti impositivi

Gli avvisi di accertamento notificati in modo massivo da Ama (che secondo alcune stime arriverebbero a quota 400.000) rappresentano atti che, pur legittimamente finalizzati al recupero dell’evasione fiscale, possono contenere errori o irregolarità; a tal proposito, si ricorda che ogni contribuente ha diritto a una corretta imposizione e alla possibilità di contestare eventuali vizi o abusi.

A tal proposito, la disciplina dell’autotutela prevista dall’articolo 10-quater dello Statuto del Contribuente, recentemente integrato dal decreto legislativo 219/2023, costituisce un efficace strumento a disposizione del cittadino per ottenere una revisione degli atti impositivi viziati. Tale diritto si estende a casi specifici, quali errori materiali o calcoli errati, che l’ente impositore è obbligato a correggere qualora l’illegittimità sia manifesta.

Gli strumenti per la tutela del contribuente

Il contribuente può difendersi attraverso:

  1. Autotutela amministrativa: Un procedimento più rapido ed economico rispetto al contenzioso, che consente di segnalare eventuali errori agli uffici competenti. La modulistica disponibile sul portale Ama e la possibilità di trasmettere istanze via PEC rappresentano mezzi di accesso diretto alla correzione degli atti.
  2. Ricorso tributario: Nel caso in cui l’autotutela venga negata o ignorata, il contribuente ha diritto di avvalersi di un avvocato tributarista per ricorrere innanzi al giudice tributario. Questo strumento assicura una tutela giurisdizionale contro atti illegittimi, riaffermando il principio di equità fiscale e il diritto a una giustizia tributaria.

Responsabilità e limiti delle amministrazioni

L’attività delle amministrazioni locali, pur necessaria per garantire il rispetto delle norme tributarie, deve essere esercitata con correttezza e proporzionalità. La recente introduzione del riesame obbligatorio, propria della recente Riforma fiscale, in autotutela rafforza il principio di leale collaborazione tra contribuente e amministrazione, imponendo agli enti pubblici di rinunciare all’imposizione quando l’errore sia evidente.

L’obbligo di annullare gli atti viziati non solo tutela il cittadino da ingiustizie, ma favorisce anche l’efficienza amministrativa, evitando il sovraccarico del sistema giudiziario e migliorando il rapporto di fiducia tra amministrati e amministratori.

Conclusioni

L’attività di recupero della Tari, per quanto legittima e necessaria, non può prescindere dal rispetto dei diritti del contribuente, che deve essere messo nella condizione di difendersi adeguatamente da atti illegittimi. Strumenti come l’autotutela obbligatoria, introdotta dalla recente riforma fiscale, e il ricorso al giudice tributario sono fondamentali per garantire un equilibrio tra l’interesse pubblico al recupero delle imposte e i diritti individuali dei cittadini.

Il cittadino, debitamente informato dei propri diritti, diventa un soggetto attivo nella difesa della propria posizione fiscale, contribuendo così a un sistema tributario più giusto e trasparente.

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Accertamenti TARI 2024 da Roma Capitale: il diritto di difesa del contribuente

Negli ultimi mesi del 2024, molti cittadini romani hanno ricevuto accertamenti relativi alla Tassa sui Rifiuti (TARI), inviati da Roma Capitale per presunte irregolarità o omissioni nei pagamenti degli anni passati. Questa operazione di verifica, volta a recuperare importi dovuti ma non corrisposti, sta generando preoccupazioni e dubbi tra i contribuenti, che spesso si trovano a fronteggiare richieste di pagamento elevate e difficilmente comprensibili.

Cosa sono gli accertamenti TARI?

Gli accertamenti TARI rappresentano un provvedimento amministrativo emesso dal Comune per contestare eventuali differenze tra quanto dichiarato e versato dal contribuente e quanto effettivamente dovuto secondo i calcoli dell’amministrazione. Le cause più comuni di accertamento includono:

  • Errori nella dichiarazione di superfici tassabili: il contribuente potrebbe aver dichiarato meno metri quadrati rispetto a quelli rilevati.
  • Differenze nell’uso dei locali: errori nella classificazione degli spazi come abitativi o non abitativi.
  • Mancata presentazione della dichiarazione TARI: per omessa comunicazione da parte del contribuente nei termini previsti.
  • Irregolarità nei pagamenti pregressi: rate non versate o saldate parzialmente.

Gli avvisi emessi includono il calcolo del tributo dovuto, gli interessi maturati e le sanzioni per il mancato pagamento nei termini.

Le criticità degli accertamenti

Molti cittadini segnalano problematiche legate agli accertamenti emessi, che spesso si rivelano imprecisi o difficili da interpretare. Tra le criticità più ricorrenti:

  1. Assenza di dettagli sufficienti: in alcuni casi, gli accertamenti non specificano chiaramente le superfici tassabili o i criteri utilizzati per il calcolo.
  2. Errori di calcolo o interpretazione: accertamenti che includono metrature errate o locali non soggetti alla tassa.
  3. Omissione di comunicazioni precedenti: contribuenti che non hanno mai ricevuto solleciti pregressi e si trovano direttamente di fronte a una richiesta di pagamento maggiorata di sanzioni.

Queste problematiche evidenziano la necessità per i contribuenti di esercitare pienamente il loro diritto di difesa.

Il diritto di difesa del contribuente

I contribuenti che ricevono un accertamento TARI hanno strumenti di difesa previsti dalla normativa italiana. Tra i più importanti:

  1. Richiesta di riesame o autotutela: il contribuente può inviare una richiesta di riesame all’ufficio competente di Roma Capitale, presentando documenti che dimostrino eventuali errori o discrepanze nell’accertamento. L’istanza in autotutela non sospende i termini per il ricorso.
  2. Presentazione del ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado: se l’accertamento è considerato illegittimo, è possibile proporre ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. È fondamentale allegare prove documentali, come planimetrie catastali aggiornate o ricevute di pagamento.
  3. Richiesta di rateizzazione: per i contribuenti che riconoscono la legittimità dell’accertamento ma incontrano difficoltà a pagare l’importo dovuto in un’unica soluzione, è possibile richiedere un piano di rateizzazione.
  4. Valutazione della prescrizione: la TARI segue la regola della prescrizione quinquennale. Gli accertamenti relativi a periodi anteriori al 2019 (in assenza di interruzioni della prescrizione) possono essere contestati.

Consigli pratici per i contribuenti

  • Esaminare attentamente l’accertamento: verificare i dati indicati (metratura, utilizzo dei locali, importi) confrontandoli con la documentazione in proprio possesso.
  • Richiedere chiarimenti: in caso di dubbi, è utile rivolgersi agli sportelli di assistenza di Roma Capitale o a un avvocato tributarista.
  • Agire tempestivamente: il rispetto dei termini è cruciale per evitare aggravi di sanzioni o decadenza del diritto di contestazione.
  • Documentare tutte le comunicazioni: conservare copia delle richieste inviate e ricevute per eventuali contestazioni future.

Conclusioni

Gli accertamenti TARI 2024 rappresentano uno strumento legittimo per Roma Capitale di recuperare tributi non versati, ma devono essere emessi in modo chiaro e corretto. I contribuenti, dal canto loro, hanno il diritto di verificare e contestare eventuali errori, avvalendosi degli strumenti previsti dalla legge per tutelare i propri interessi. Una corretta informazione e un’azione tempestiva possono fare la differenza per risolvere eventuali controversie in modo favorevole.

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