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Roma Capitale nelle ultime settimane ha spedito oltre 400.000 accertamenti TARI. Non tutti questi atti però sono legittimi e molti sono invece da annullare.

L’analisi delle criticità presenti negli avvisi di accertamento della TARI evidenzia la possibilità per i contribuenti di contestare eventuali errori tramite ricorso, con l’obiettivo di ottenere l’annullamento dell’atto. Di seguito, vengono descritte le principali incongruenze e i rimedi disponibili.

  1. Prescrizione dell’anno 2018 e parte del 2019

Gli avvisi di accertamento per gli anni 2018 e parte del 2019 potrebbero essere contestati se emessi oltre il termine di decadenza, che è fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere versato (art. 1, comma 161, L. 296/2006).
Ad esempio, per il 2018, la decadenza scatta il 31 dicembre 2023. Se l’avviso è stato notificato dopo questa data, è possibile richiederne l’annullamento.

  1. Eventuale locazione in corso

In caso di locazione, l’obbligo di pagamento della TARI ricade sul conduttore (art. 1, comma 642, L. 147/2013). Gli accertamenti che attribuiscono erroneamente il tributo al proprietario dell’immobile possono essere contestati fornendo prova del contratto di locazione registrato.

  1. Errore nella categoria applicata

La tariffa TARI deve essere commisurata alla categoria di utilizzo dell’immobile. Errori nella classificazione catastale o tariffaria rendono l’avviso contestabile. L’ente impositore è tenuto a fornire una motivazione adeguata sull’applicazione della categoria, pena l’annullabilità dell’atto.

  1. Metratura errata

La TARI è calcolata sulla superficie imponibile, pari all’80% della superficie catastale (art. 1, comma 645, L. 147/2013). Se l’accertamento si basa su dati errati, come una metratura sovrastimata, è possibile richiedere la correzione o l’annullamento dell’atto.

  1. Numero di occupanti dichiarato errato

Per le utenze domestiche, il calcolo della TARI si basa sul numero degli occupanti risultante dagli elenchi anagrafici o dalle dichiarazioni del contribuente. Errori in questo dato possono influire sull’importo del tributo e costituire motivo di contestazione.

Possibilità di ricorso

Se gli avvisi di accertamento presentano errori o incongruenze, i contribuenti possono:

  1. Presentare un’istanza di annullamento in autotutela, evidenziando le irregolarità.
  2. Proporre ricorso alla Corte di giustizia tributaria, come previsto dall’art. 21, comma 1, D.Lgs. 546/1992.

Nota importante: Anche un errore apparentemente minore può rendere l’accertamento nullo. È quindi fondamentale verificare attentamente gli avvisi ricevuti e agire tempestivamente per tutelare i propri diritti.

In conclusione, se gli accertamenti notificati risultano errati, è possibile avviare le procedure per richiederne l’annullamento, evitando di pagare somme non dovute. Questa possibilità assume particolare rilevanza considerando il numero significativo di accertamenti notificati da Roma Capitale, che aumenta il rischio di errori e incongruenze.

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