L’articolo 7, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 504/1992, che disciplina l’ICI

prevede l’esenzione dall’imposta per gli immobili posseduti dai consorzi fra enti territoriali, destinati esclusivamente a fini istituzionali.

L’applicazione di tale norma ha formato oggetto di ricorso per Cassazione proposto dal Comune di Palomonte avverso la sentenza della CTR Campania di conferma della decisione CTP di Salerno.

I giudici di primo grado

avevano qualificato il Consorzio ASI (Area per lo sviluppo industriale) come soggetto esente, trattandosi di enti pubblici economici. Avevano quindi annullato gli accertamenti del Comune relativi a diverse annualità per taluni immobili del consorzio stesso siti nel territorio comunale.

La Cassazione, con l’Ordinanza n. 26575/2018 della Sezione VI, pubblicata il 22 ottobre 2018

ha richiamato il contenuto della pronuncia delle SS.UU. n. 14293/2010 la quale ha chiarito i limiti entro i quali i consorzi in questione assolvono finalità di natura pubblicistica ai fini della esenzione. Rimane invece la soggettività passiva quando vengano svolte attività con fini lucrativi.

Nella fattispecie, ad avviso del Supremo Collegio, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare se gli immobili oggetto di accertamento fossero destinati esclusivamente all’espletamento di compiti istituzionali ovvero rientrassero nell’esercizio di attività industriali e commerciali, valutazione che è del tutto mancata. […]

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https://www.finanzaterritoriale.it/index.php/i-consorzi-di-sviluppo-delle-aree-industriali-sono-enti-pubblici-economici-tassabili-ai-fini-ici/

Nicola Ricciardi, Presidente dell’Associazione “Fisco e Territorio”.

“Pace fiscale, a chi conviene”.

Con l’approvazione definitiva del DL fiscale 2019 entra formalmente in vigore la cosiddetta pace fiscale che, tra le principali novità, prevede la definizione agevolata delle cause che i cittadini hanno con il Fisco.
Come sappiamo, i cittadini che ricevono un avviso di accertamento del Fisco hanno due possibilità: pagare oppure fare ricorso. Ebbene, per questi ultimi, la pace fiscale prevede particolari sconti, a condizione che gli interessati,dichiarino di abbandonare le loro cause con il Fisco.

Ma quali sono i vantaggi previsti per chi rinuncia?

Partiamo da un dato: almeno il 25% dei ricorsi contro gli atti del Fisco vede vittorioso il cittadino, quindi almeno un accertamento su quattro viene annullato. Ora, il decreto sulla cd. pace fiscale prevede la possibilità di chiudere la lite con il Fisco pagando il 50% delle imposte (se il contribuente ha avuto ragione in primo grado) o il 33% (se ha invece avuto ragione in secondo grado). Quindi, la normacosì come pensata, avvantaggia quei cittadini che hanno una causa con il Fisco e desiderano chiuderla.

Facciamo un esempio:

se un’impresa si vede contestare un’evasione da 100.000 euro, fa ricorso e vince in commissione tributaria provinciale (quindi vince nel primo grado del giudizio), per chiudere il processo, non dovrà versare sanzioni ed interessi e dovrà pagare solo 50.000 euro, pari al 50% della maggiore imposta accertata per chiudere il giudizio.

Se invece la stessa impresa ha vinto anche in secondo grado, lo sconto sarà dei 2/3, quindi del 66%dell’imposta per cui, per rimanere al nostro esempio, dovrà versare 33.334 euro per chiudere il contenzioso.

Va detto che, dopo gli annunci dei giorni passati, ci si aspettava uno sconto maggiore, con la possibilità magari di chiudere il giudizio pagando solo il 10% nel caso di vittoria in secondo grado, come avvenne nell’anno 2003. Alle somme previste per chiudere la lite, vanno poi aggiunte le spese che il cittadino deve sostenere per fare ricorso davanti al Giudice e che, anche in caso di vittoria nei due gradi di giudizio, non gli vengono rimborsate.

Bisogna dire che gli sconti sono sempre maggiori di quelli previsti per definire gli atti del Fisco che non sono stati impugnati davanti al Giudice.

Del resto, l’interesse del Governo è quello di ridurre al minimo le cause tributarie che comportano costi da sostenere non solo per il cittadino ma anche per il Fisco e che, non va dimenticato, possono sempre chiudersi con il Fisco che non incassa niente. Per questa ragione, nei giorni passati, molti professionisti hanno consigliato ai propri clienti di proporre immediatamente ricorso, proprio al fine di usufruire degli sconti previsti per la chiusura delle liti col Fisco. Per concludere,

è prevista la possibilità di prestare acquiescenza agli atti impositivi, quindi ai verbali del Fisco contro i quali il cittadino non abbia proposto ricorso, pagando il 100% dell’imposta.

Questa possibilità non appare molto conveniente se solo si pensa che, negli ultimi due anni (2016 e 2017), la percentuale di contribuenti che ha deciso di aderire alle contestazioni del Fisco, senza proporre ricorso, è statasolo del 4%. Da questo dato emerge che il Fisco dovrebbe fare un po’ di autocritica sul proprio operato visto che così ridotto è il numero dei cittadini che ritiene di pagare quanto loro richiesto senza fare opposizione.
Un’ultima considerazione; la norma, così come prevista nel decreto, non prevede interessa gli Enti Locali (si pensi al contenzioso con i Comuni). L’estensione, a nostro avviso, anche a queste cause sarebbe invece auspicabile.

Nicola Ricciardi, Presidente Fisco e Territorio – Azione Lucania: “Tari 2018 a Matera, tutto regolare?”

In questi giorni, molti cittadini materani si sono visti notificare gli avvisi TARI per l’anno 2018 ed hanno scoperto che la tassa sui rifiuti prevede aumenti fino al 120% rispetto allo scorso anno.

Ma aumenti così consistenti da un anno all’altro a che cosa sono dovuti?

Gli aggravi sulla TARI, che ricadono sulle tasche dei cittadini e delle imprese, sono in buona parte legati alla capacità di organizzare un servizio di raccolta differenziata efficiente; difatti, il mancato raggiungimento della percentuale stabilita per legge per la raccolta differenziata, comporta il pagamento di una Ecotassa a carico, nemmeno a dirlo, proprio dei cittadini.

Le utenze non domestiche poi

(artigiani, piccole e medie industrie, ristoranti)sono state destinatarie degli aumenti maggiori. A questo si aggiunga che in molti casi, per quelle attività con sede nella zona artigianale e industriale della città, è stato richiesto il pagamento della tassa senza che vi sia nemmeno la possibilità di usufruire del servizio di spazzamento e di raccolta dei rifiuti da ufficio.

Ma questi aumenti sono legittimi?

La TARI, tassa sui rifiuti, si compone di due parti, una fissa correlata alla superficie e al numero dei componenti del nucleo familiare, e una variabile collegata solo al numero degli occupanti. Quindi, per fare un esempio, se una famiglia di 4 persone occupa 100 o 200 mq, la quota variabile è sempre la stessa, cambia invece la quota fissa.
Le tariffe relative alle utenze domestiche sono riferite all’”utenza”, comprensiva delle pertinenze (garage, cantina, eccetera) e qui bisogna fare attenzione perché molti Comuni applicano a ogni unità immobiliare sia la quota fissa sia quella variabile senza distinzione, ma l’applicazione della parte variabile a ogni pertinenza o unità immobiliare comporta un notevole aumento della Tari da pagare, aumento che il Ministero dell’Economia ritiene illegittimo.

Il cittadino a cui sono stati notificati questi avvisi quindi, li deve controllare

con attenzione (per verificare, in caso di pertinenze, che la quota variabile applicata risulti pari a zero euro) e, se ravvisa degli errori, deve chiedere al Comune il rimborso di quanto indebitamente pagato o la compensazione sulla bolletta dell’anno prossimo.
Ci sono comunque cinque anni di tempo dal versamento per chiedere il rimborso, che il Comune dovrebbe effettuare entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza.

E se il Comune non rimborsa?

Il cittadino, in caso di diniego espresso al rimborso, ha 60 giorni di tempo per proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Matera; nel caso di silenzio del Comune, il ricorso può essere proposto invece decorsi 180 giorni.

Articolo tratto dalla rivista www.finanzaterritoriale.it:

«Il presupposto dell’ICI non si basa sulla capacità dell’immobile di produrre reddito ed il valore del bene assume rilievo ai soli fini della determinazione della base imponibile e della esatta misura dell’imposta, per cui è da escludere l’esenzione dal tributo per un’area edificabile soggetta al vincolo di espropriazione per la costruzione di un parcheggio pubblico.

E’ quanto ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 17764/2018

sul ricorso con il quale il contribuente ha impugnato la sentenza CTR Abruzzo relativa ad un ACCERTAMENTO ICI del Comune di Francavilla a Mare per il 2008, con cui il giudice di appello aveva ritenuto imponibile l’area edificatoria assoggettata al vincolo di realizzazione di un pubblico parcheggio.

Il Supremo Collegio ha ribadito il principio enunciato in precedenti pronunce di legittimità

secondo cui : “in tema di ICI, l’occupazione di urgenza di un terreno da parte della P.A. non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga il decreto di esproprio (o l’ablazione) del fondo, sicchè egli resta soggetto passivo di imposta ancorchè l’immobile sia detenuto dall’occupante”. Inoltre, ad avviso della Corte, l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico […]»

Per leggere l’articolo completo, vai su:

https://www.finanzaterritoriale.it/index.php/larea-edificabile-non-esente-da-ici-anche-se-espropriabile-per-la-costruzione-di-un-parcheggio-pubblico/

Articolo tratto dalla rivista www.finanzaterritoriale.it

«La disposizione dell’art. 62, comma 3, del decr. legisl. n. 507/1993, che prevede agevolazioni della TARSU per le aree produttive di rifiuti speciali, trova applicazione solo a seguito di preventiva denuncia al Comune da parte del contribuente, cui spetta l’onere di fornire i dati per la delimitazione delle aree da sottrarre alla determinazione della superficie imponibile complessiva in quanto destinate a produrre rifiuti speciali.

La Corte di Cassazione ha emesso in tal senso l’Ordinanza n. 20018 del 27 luglio 2018

sul ricorso proposto dal contribuente avverso la decisione  CTR Abruzzo di conferma CTP riguardante un AVVISO DI ACCERTAMENTO TARSU 2012 del Comune di Ortona. Il Supremo Collegio ha ritenuto correttamente motivata la decisione del giudice tributario basata sulla documentazione acquisita a seguito di rilevazione diretta mediante sopralluogo  cui ha partecipato lo stesso contribuente, ed ha riaffermato il principio espresso dalla stessa Cassazione in varie pronunce, secondo cui, appunto, la disciplina agevolativa non opera automaticamente e l’inosservanza dell’obbligo di informazione da parte del contribuente, comporta l’assoggettamento al tributo dell’area in questione senza il riconoscimento di alcuna agevolazione. Per questi motivi, il ricorso è stato rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 20018 DEL 27 LUGLIO 2018»

«Sugli appelli del Comune di Matera avverso le sentenze del TAR BASILICATA che aveva accolto i ricorsi del Ministero delle Finanze aventi ad oggetto l’impugnativa della delibera C.C. n. 57 del 28 agosto 2015, recante “approvazione delle aliquote TARI E TASI 2015” dichiarandone la illegittimità perché approvate oltre il termine del 30 luglio 2015 fissato per l’approvazione del bilancio, il Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 4435 e 4436/2018, ha deciso di riformare le decisioni del TAR. Il Collegio ha adottato tali decisioni sulla base della lettura degli atti nella loro concatenazione temporale, da cui è merso il diverso orientamento rispetto al giudizio del TAR in quanto, è apparso evidente che sia mancata la possibilità materiale per il Consiglio Comunale di pronunciarsi entro il 30 luglio, essendosi potuta tenere la prima convocazione utile a seguito delle elezioni, solo il 28 agosto. Pertanto, la Giunta aveva adottato in data 30 luglio 2018,   durante il periodo di moratoria di cui alla diffida prefettizia, la PROPOSTA DI DELIBERA contenente nel dettaglio le singole fattispecie sottoposte a tassazione, con la indicazione delle relative aliquote TARI e TASI, di fatto surrogandosi al Consiglio Comunale impossibilitato a provvedere. Da ciò la conseguenza che la delibera […]»

Nicola Ricciardi, Presidente Fisco e Territorio: “Equitalia ha torto, niente interessi sulle sanzioni e rateazioni da rifare”.

Non è legittimo applicare gli interessi sulle sanzioni tributarie: astabilirlo è l’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, la n. 16553/2018, del mese di giugno u.s.
Il tema è di grande attualità, se considerato anche l’elevato numero di persone che hanno contratto debiti con Equitalia (ora Agenzia delle Entrate Riscossione).
Molti contribuenti per fare fronte alle somme dovute, fanno domandadi rateazione, chiedono cioè di pagare il dovuto un po’ per volta, non riuscendo a farlo tutto insieme. E proprio qui sta il punto: per i Giudici della Cassazione, il cittadino che non riesce a pagare il proprio debito con Equitalia e chiede di rateizzare, non deve pagare di più a causa degli interessi sulla rateizzazione stessa.

Ma vediamo brevemente il caso esaminato dai Giudici

a cui abbiamo accennato poco fa: un contribuente chiedeva a Equitalia una dilazione del proprio debito, non essendo in grado di pagare subito quanto richiesto perché versava in difficoltà economiche. La richiesta di dilazione veniva accolta, ma Equitalia calcolava gli interessi anche sulle sanzioni tributarie.L’interessato allora impugnava il provvedimento davanti la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che però respingeva il ricorso.Armato di coraggio e di una buona dose di pazienza, il cittadino insisteva e impugnava la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che questa volta gli dava ragione sostenendo appunto che gli interessi su sanzioni non sono ammessi dall’art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 (“La somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi”).A questo punto era Equitalia a impugnare la sentenza e ricorrere ai Supremi Giudici.

Ed ecco la decisione della Corte di Cassazione:

Equitalia ha torto, in quanto “La somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi”.La sentenza è eclatante, in quanto mette in discussione la legittimità di tutte le rateazioni concesse da Equitalia.
Chi d’ora in avanti chiederà la rateazione del debito dovrà esaminare con attenzione il piano di rateazione e,se lo dovesse ritenere illegittimo, potrà proporre un’istanza di autotutela e, in caso di risposta negativa, agire anche in sede giudiziaria.Chi, invece, si trovi con un vecchio piano di rateazione e abbia già provveduto al pagamento delle rate dovrebbe richiedere un ricalcolo del piano.
A tal proposito, sempre la Corte di Cassazione, in un’altra recente pronuncia (la n. 3347/2017) ha chiarito che il pagamento delle rate non comporta il riconoscimento del debito e quindi anche chi ha già pagato può chiedere il rimborso se quanto pagato non era dovuto.

Ricordiamo che gli interessi di mora per i debiti fiscali

che vengono fissati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, ammontano attualmente al 3,01% (decorrenza dal 15 maggio 2018, per l’anno precedente ammontavano al 3,50%) e sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato si applicano anche gli ulteriori interessi di dilazione che vanno dal 4,5% al 6% annuo a seconda delle pretese, senza considerare poi che su tali somme il concessionario applicherà anche l’aggio per la riscossione. Si può comprendere dunque la portata del risparmio e l’importanza di questa pronuncia.

L’avvocato tributarista Nicola Ricciardi, Presidente di Fisco e Territorio, è intervenuto in un comunicato stampa, per prendere posizione sull’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 16553 del mese di giugno 2018 che ha dichiarato illegittima l’applicazione di interessi sulle sanzioni tributarie.

Nicola Ricciardi, Presidente “Fisco e territorio – Azione Lucania”: “Pace Fiscale, ma che cosa è?”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Si sente in questi giorni un gran parlare di “pace fiscale”, se ne occupano giornali e televisioni ma di cosa si tratta realmente, come funziona e chi potrebbe usufruirne?
Il provvedimento è ancora in fase di approvazione ma, dalle informazioni in nostro possesso, alcune considerazioni possiamo già farle.

BAS Pace Fiscale, ma che cosa è?
“Si sente in questi giorni un gran parlare di “pace fiscale”, se ne occupano giornali e televisioni ma di cosa si tratta realmente, come funziona e chi potrebbe usufruirne?
Il provvedimento è ancora in fase di approvazione ma, dalle informazioni in nostro possesso, alcune considerazioni possiamo già farle”. E’ quanto si legge in una nota stampa a firma di Nicola Ricciardi Avvocato tributarista, Presidente Fisco e territorio – Azione Lucania.

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