Nicola Ricciardi, Presidente dell’Associazione “Fisco e Territorio”.
“Pace fiscale, a chi conviene”.
Con l’approvazione definitiva del DL fiscale 2019 entra formalmente in vigore la cosiddetta pace fiscale che, tra le principali novità, prevede la definizione agevolata delle cause che i cittadini hanno con il Fisco.
Come sappiamo, i cittadini che ricevono un avviso di accertamento del Fisco hanno due possibilità: pagare oppure fare ricorso. Ebbene, per questi ultimi, la pace fiscale prevede particolari sconti, a condizione che gli interessati,dichiarino di abbandonare le loro cause con il Fisco.
Ma quali sono i vantaggi previsti per chi rinuncia?
Partiamo da un dato: almeno il 25% dei ricorsi contro gli atti del Fisco vede vittorioso il cittadino, quindi almeno un accertamento su quattro viene annullato. Ora, il decreto sulla cd. pace fiscale prevede la possibilità di chiudere la lite con il Fisco pagando il 50% delle imposte (se il contribuente ha avuto ragione in primo grado) o il 33% (se ha invece avuto ragione in secondo grado). Quindi, la normacosì come pensata, avvantaggia quei cittadini che hanno una causa con il Fisco e desiderano chiuderla.
Facciamo un esempio:
se un’impresa si vede contestare un’evasione da 100.000 euro, fa ricorso e vince in commissione tributaria provinciale (quindi vince nel primo grado del giudizio), per chiudere il processo, non dovrà versare sanzioni ed interessi e dovrà pagare solo 50.000 euro, pari al 50% della maggiore imposta accertata per chiudere il giudizio.
Se invece la stessa impresa ha vinto anche in secondo grado, lo sconto sarà dei 2/3, quindi del 66%dell’imposta per cui, per rimanere al nostro esempio, dovrà versare 33.334 euro per chiudere il contenzioso.
Va detto che, dopo gli annunci dei giorni passati, ci si aspettava uno sconto maggiore, con la possibilità magari di chiudere il giudizio pagando solo il 10% nel caso di vittoria in secondo grado, come avvenne nell’anno 2003. Alle somme previste per chiudere la lite, vanno poi aggiunte le spese che il cittadino deve sostenere per fare ricorso davanti al Giudice e che, anche in caso di vittoria nei due gradi di giudizio, non gli vengono rimborsate.
Bisogna dire che gli sconti sono sempre maggiori di quelli previsti per definire gli atti del Fisco che non sono stati impugnati davanti al Giudice.
Del resto, l’interesse del Governo è quello di ridurre al minimo le cause tributarie che comportano costi da sostenere non solo per il cittadino ma anche per il Fisco e che, non va dimenticato, possono sempre chiudersi con il Fisco che non incassa niente. Per questa ragione, nei giorni passati, molti professionisti hanno consigliato ai propri clienti di proporre immediatamente ricorso, proprio al fine di usufruire degli sconti previsti per la chiusura delle liti col Fisco. Per concludere,
è prevista la possibilità di prestare acquiescenza agli atti impositivi, quindi ai verbali del Fisco contro i quali il cittadino non abbia proposto ricorso, pagando il 100% dell’imposta.
Questa possibilità non appare molto conveniente se solo si pensa che, negli ultimi due anni (2016 e 2017), la percentuale di contribuenti che ha deciso di aderire alle contestazioni del Fisco, senza proporre ricorso, è statasolo del 4%. Da questo dato emerge che il Fisco dovrebbe fare un po’ di autocritica sul proprio operato visto che così ridotto è il numero dei cittadini che ritiene di pagare quanto loro richiesto senza fare opposizione.
Un’ultima considerazione; la norma, così come prevista nel decreto, non prevede interessa gli Enti Locali (si pensi al contenzioso con i Comuni). L’estensione, a nostro avviso, anche a queste cause sarebbe invece auspicabile.