Il Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) prevede le norme applicabili agli acquisti, alle forniture e ai servizi da parte delle pubbliche amministrazioni. Con apposito atto del 22 aprile 2020, in considerazione dell’emergenza Coronavirus, l’ANAC prova a rendere più veloci lo svolgimento di queste procedure. L’Autorità prevede la riduzione dei termini di cui all’art. 60, c. 3 e art. 61, c. 6 del d.lgs 50/2016; ancora, il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando, che consente di negoziare direttamente con i contraenti termini e numero minimo di candidati. Il tutto nel rispetto della previsione di cui all’art. 63, c. 2, lettera c) del d.lgs.50/2016. Inoltre, è prevista la possibilità di ricorrere all’affidamento diretto, se l’operatore risulti essere l’unico in grado di consegnare le forniture necessarie nel rispetto dei vincoli di legge,  secondo l’art. 63, c. 2, lettera b) e c. 6, del d.lgs. 50/2016.

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Partiamo dai termini: il termine di legge per proporre ricorso è di 30 giorni. Al momento, i tempi della giustizia sono sospesi per la pandemia, e quindi il termine di 30 giorni partirà, salvo proroghe, dall’11 maggio. E’ da quel giorno che verranno conteggiati il 30 giorni previsti dalla legge.

Bisogna poi chiarire che chi ha commesso l’infrazione non risponderà anche dal punto di vista penale; le violazioni infatti sono state depenalizzate. Se commesse fino al 25 marzo è stata prevista una multa di 200 euro, mentre per le infrazioni commesse dal 26 marzo in poi, la sanzione amministrativa prevista varia da 400 a 3 mila euro, con lo sconto del 30% se si paga nei 30 giorni. (altro…)

In questi tempi di emergenza dovuta al Coronavirus, il Governo ha previsto decise sanzioni per chi non rispetta il divieto di circolazione e quindi esce di casa fuori delle ipotesi previste dalla legge. Le tipologie di violazione sono ancora in via di definizione, così come le relative sanzioni. Per certo, il sistema sanzionatorio sarà differente a seconda del tipo di violazione commessa.
Il linea generale, alla violazione segue l’obbligo di pagamento di una somma di denaro, con la previsione di un importo minimo e di un importo massimo, da versare entro un termine prestabilito dalla legge. (altro…)

Il Governo sostiene che, per far ripartire l’economia,  andrà incontro ai cittadini, utilizzando lo strumento fiscale. Esenzioni d’imposta, agevolazioni, sospensione dei versamenti.  Tutti strumenti che dovrebbero aiutare le imprese, ma sarà davvero così?

Ne parliamo su Sassilive

Ricciardi (Fisco e territorio): “Il Coronavirus e le tasse da restituire”

In questi giorni di vera emergenza che sta vivendo l’Italia, a causa del Coronavirus, diventato ormai una vera e propria pandemia, tutti si preoccupano del problema dal punto di vista sanitario.

E lo fanno giustamente, visto che il virus può colpire tutti, senza risparmiare nessuno, anche i più giovani, quelli che fino a poco tempo fa si ritenevano immuni. Le conseguenze di questo disastro però sono non solo sanitarie ma anche economiche perché, con i provvedimenti decisi dal Governo italiano, che ha bloccato ogni attività economica, tranne quelle ritenute essenziali, vi sarà inevitabilmente una riduzione dei consumi, un calo degli ordini, un calo delle commesse, una generalizzata riduzione di fatturato per tutti. Per non parlare di fenomeni speculativi che, soprattutto in momenti come questo, contribuiscono a falsare i mercati, nuocendo alle aziende che invece si comportano correttamente.

Il Governo ha, più volte, detto che andrà incontro a cittadini e imprese per aiutare la ripresa delle domanda e la crescita dei consumi, utilizzando a questo fine tutti gli strumenti che ha disposizione, a cominciare da quelli fiscali. Quindi esenzioni, agevolazioni, riduzioni, sospensione dei pagamenti e della riscossione, tutti quei provvedimenti insomma che, almeno in teoria, dovrebbero consentire una ripresa dell’economia.

Ora sappiamo bene che, molto spesso, “passato il santo, passata la festa”. Passata quindi l’emergenza (e tutti ci auguriamo che passi al più presto), passano anche le buone intenzioni, perché più volte in questi anni, l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato di avere la memoria corta. Con la conseguenza che le tante promesse e la miriade di buone intenzioni, hanno dovuto lasciare il passo alla realtà dei fatti. Potrebbe quindi accadere, come è successo purtroppo in occasione di altre tragedie del nostro Paese, che ci troveremo a fare i conti con un’economia che stenta a riprendersi e una tassazione che torna subito alle stelle. Inoltre, potrebbe succedere che molte delle agevolazioni fiscali che vengono sbandierate in questi giorni non vengano confermate o vengano revocate. Si pensi al terremoto de L’Aquila dove ancora adesso le imprese locali hanno un lungo contenzioso col Fisco per la restituzione degli incentivi ricevuti proprio in occasione di quei tragici eventi. La conseguenza di tutto questo è che le imprese dovranno restituire al Fisco parte delle imposte che si pensava non fossero dovute. Con il rischio di diventare un domani «reduci dal virus e vittime dello Stato».

Certo, sarebbe una palese ingiustizia, ma la possibilità potrebbe essere più reale di quello che sembra. Potrebbe infatti accadere che lo Stato non voglia indietro i soldi di tutte le aziende che hanno ricevuto delle agevolazioni, ma solo di quelle che le hanno ottenute senza averne diritto.

Potrebbero infatti chiedere di beneficiare delle agevolazioni fiscali molte aziende che in realtà non sono state colpite dall’emergenza coronavirus o lo sono state solo in minima parte.

E’ ancora presto per fare dei numeri per comprendere la dimensione del problema, ma il rischio potenziale riguarda  aziende sparse su tutto il territorio nazionale col pericolo che quelle realtà, che non hanno adeguate risorse, falliranno e si perderanno migliaia di posti di lavoro.

A questo proposito, per cercare di farci trovare preparati, ricordiamo che grava sul contribuente, su cui l’Agenzia delle Entrate sta compiendo un accertamento, l’onere di dimostrare la sua innocenza. Anche quando, ha spiegato la Corte di Cassazione con la sentenza 15147/2019, i documenti di prova sono in possesso di un’altra Pubblica Amministrazione.
Ricordiamo poi che la normativa tributaria in tema di ravvedimento è materia in continua evoluzione. L’istituto del ravvedimento è quella possibilità offerta dall’ordinamento di regolarizzare spontaneamente i versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità fiscali, beneficiando di una riduzione delle sanzioni.

Le irregolarità relative alle detrazioni d’imposta sono normalmente rilevate dall’Agenzia delle Entrate attraverso i cosiddetti “controlli formali” (art. 36 ter del Dpr n. 600/1973). Il controllo formale consiste nella verifica della corrispondenza della dichiarazione presentata con la documentazione in possesso dal contribuente.

Vi sono poi dei controlli incrociati, tra i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e quelli in possesso del contribuente. Qualora questi differiscano, l’Agenzia delle Entrate invierà all’impresa una comunicazione d’irregolarità con l’indicazione dell’imposta dovuta e della relativa sanzione.

Quello che raccomandiamo quindi, in questo momento, è di prestare massima attenzione alle notizie che vengono diffuse, anche se la materia fiscale è molto tecnica e spesso di difficile comprensione, perché queste notizie ci potranno essere molto utili domani. Perché, parafrasando il nostro Presidente del Consiglio che ha detto “Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani”, noi dal Fisco vorremmo rimanere distanti non solo oggi ma anche domani, perché gli abbracci, l’Agenzia delle Entrate, speriamo li riservi a qualcun altro!

Manca la firma digitale? La notifica via pec è nulla? Ne parliamo su:

La Gazzetta del Mezzogiorno https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/

L’articolo prende spunto dalla recentissima sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la n. 601 del 17 gennaio 2020, secondo cui è nulla la notifica via pec della cartella se  l’indirizzo da cui viene fatta non è tra quelli presenti nei pubblici registri.

Per saperne di più, vai su:

Equitalia, Ricciardi (Fisco e Territorio): “Nulle le cartelle notificate via Pec”

Cartelle di pagamento notificate dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) dichiarate nulle alla luce della recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 27374 della Sez. VI Civile del 24/10/2019.

Per saperne di più, vai su:

https://www.tuttoh24.info/equitalia-nulle-le-cartelle-notificate-via-pec/

Più volte, ben quattro solo nel mese di ottobre di quest’anno, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della revisione del classamento degli immobili effettuata dall’Agenzia delle Entrate (già Agenzia del Territorio). Come noto, la procedura è quella di cui all’articolo 1, comma 335, della Legge n. 311/2004 e, su questa, hanno sentenziato i Giudici di legittimità. Gli Ermellini hanno deciso su quattro ricorsi proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso altrettante sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Puglia. Il caso sottoposto alla loro attenzione riguardava gli estimi attribuiti ad alcuni immobili siti nel Comune di Lecce, oggetto di avvisi di accertamento che avevano formato materia di ricorso in primo grado. Da una parte, l’Amministrazione Finanziaria ha impugnato le sentenze dei giudici regionali  perchè non avevano disposto la sospensione del processo, causa la pendenza di altro processo dinanzi al Consiglio di Stato con oggetto il classamento di alcune microzone del Comune di Lecce. Con le Ordinanze nn. 25008, 27349, 27363 e 27379, tutte del mese di ottobre 2019, il motivo è stato dichiarato non fondato dalla Corte. Con riferimento poi all’eccepita violazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente, il Supremo Collegio, ha detto […]

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https://www.finanzaterritoriale.it/index.php/il-riclassamento-catastale-degli-immobili-nella-piu-recente-giurisprudenza-di-legittimita/

La vicenda nasce dall’impugnazione di alcune cartelle di pagamento con cui era stato richiesto il pagamento dell’IMU relativa agli anni d’imposta compresi tra il 2009 ed il 2011, emesse dal Comune di Lacco Ameno (NA). La Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello del Comune. La decisione era stata emessa in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva invece accolto il ricorso del contribuente, provvedendo quindi ad annullare gli atti impugnati. Avverso la decisione dei giudici di secondo grado, il cittadino proponeva ricorso per Cassazione. Innanzi alla Suprema Corte,  veniva contestata l’omessa pronuncia da parte dei giudici regionali circa l’inesistenza della notifica a mezzo pec delle cartelle, perchè mancanti della firma digitale. La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27374 della Sez. VI Civile del 24/10/2019, ha accolto il motivo d’impugnazione del contribuente. Gli Ermellini hanno stabilito che, laddove i giudici di merito non si siano espressi su determinati vizi dell’atto di appello, il ricorrente in Cassazione può domandare al giudice di legittimità di svolgere un esame di merito della causa. […]

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https://www.finanzaterritoriale.it/index.php/lomessa-pronuncia-su-alcuni-motivi-di-appello-fatti-valere-nellavvio-del-giudizio-rende-nulla-la-sentenza/

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