Manca la firma digitale? La notifica via pec è nulla? Ne parliamo su:
La Gazzetta del Mezzogiorno https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/
L’articolo prende spunto dalla recentissima sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la n. 601 del 17 gennaio 2020, secondo cui è nulla la notifica via pec della cartella se l’indirizzo da cui viene fatta non è tra quelli presenti nei pubblici registri.
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Equitalia, Ricciardi (Fisco e Territorio): “Nulle le cartelle notificate via Pec”
Cartelle di pagamento notificate dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) dichiarate nulle alla luce della recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 27374 della Sez. VI Civile del 24/10/2019.
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https://www.tuttoh24.info/equitalia-nulle-le-cartelle-notificate-via-pec/
IMU e pertinenze, ne parliamo su “Benessere” di questo mese!
https://www.lasaluteconlanima.it/sfogliabile.html
Nelle ipotesi di separazione o divorzio dei coniugi, la regola generale da tenere in considerazione è quella del consenso dei diretti interessati. Sono quindi i coniugi a decidere, sempre all’interno dei limiti imposti dalla legge. Esaminiamo allora alcuni dei casi più frequenti nella pratica. In caso di vendita della prima casa entro i 5 anni dall’acquisto, non si decadrà più dall’agevolazione fiscale anche se il coniuge venditore non acquisti entro un anno un’altra abitazione con gli stessi requisiti. Condizione necessaria perché questo avvenga, sarà che la vendita sia il risultato di un accordo raggiunto tra i coniugi in sede di separazione. La norma vale sia tra gli stessi coniugi che nei confronti dei terzi. (altro…)
Interessante chiarimento dell’Agenzia delle Entrate, fornito nell’Interpello n. 4 del 13 gennaio 2020, in tema di recupero dell’IVA assolta in Dogana. Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria riguarda merce ceduta da un soggetto svizzero a una impresa italiana. Per l’operazione veniva utilizzato uno spedizioniere italiano che però aveva provveduto ad addebitare l’IVA all’impresa svizzera. Ebbene, la questione è stata risolta, attenendosi al dato letterale di cui all’art. 19 del DPR 633/1972, dal quale gli Uffici finanziari sono partiti per affermare la detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto pagata sui beni oggetto di importazione. Titolare del diritto alla suddetta detrazione è, per il Fisco, colui che ha importato il bene, cioè colui il cui nominativo risulta dalla fattura di acquisto. Costui dovrà quindi provvedere alla registrazione della bolletta doganale nel registro degli acquisti. Per converso, non sarà invece detraibile l’imposta per l’operatore svizzero, imposta che gli era stata addebitata dallo spedizioniere. Le uniche modalità che a questi sono concesse per il recupero dell’IVA infatti saranno quelle dell’azione civilistica di ripetizione. Del resto, quanto detto dall’Agenzia delle Entrate trova supporto anche nella più recente giurisprudenza dei legittimità. La Corte di Cassazione infatti, nella sentenza n. 2570 del 21 gennaio 2019, ha affermato che l’obbligo di pagamento dell’imposta evasa grava su “colui in nome o per conto del quale sia stata effettuata l’operazione di importazione, e non solo colui che abbia materialmente presentato la merce in Dogana, rendendo la relativa dichiarazione“.
- Le opere d’arte che cadono in successione ereditaria, in quanto tali, sono tassate
- Secondo la legge italiana, le opere d’arte concorrono a formare l’asse ereditario; il loro valore cioè si aggiunge a quello degli altri beni che cadono in successione
- L’art. 9 comma 3 del D. Lgs. 346/1990 prevede che si considerano “mobilia l’insieme dei beni mobili destinati all’uso o all’ornamento delle abitazioni”
- Le opere d’arte quindi rientrano nella categoria dei mobilia, a condizione però che siano custodite nelle abitazioni private
- Il luogo di custoda delle opere, ai fini tributari, ha grande rilevanza perché l’agevolazione pervista per le opere d’arte detenute nelle abitazioni, non opera per le opere d’arte detenute in altri luoghi, quali le cassette di sicurezza
- Mentre nel primo caso, le opere detenute nelle abitazioni rilevano, ai fini tributari, per un importo pari al 10% del valore globale anche se non dichiarate, nel secondo l’imposta di successione si applicherà con aliquote ordinarie sui valori di mercato delle stesse opere d’arte
Va da sè che la differenza è notevole e impone una riflessione accurata.
Nelle ipotesi di separazione o divorzio dei coniugi con conseguente assegnazione delle casa familiare, ai fini del pagamento dell’imposta da parte dell’assegnatario dell’abitazione, si guarderà alla presenza di figli minori. Nelle altre ipotesi, ciò che rileverà, ai fini del pagamento dell’imposta, sarà il diritto sul bene immobile (lo prevede il comma 743 della legge 160/2019). La nuova disciplina dell‘Imposta Municipale Unica, che continua a non considerare dovuto il pagamento nelle ipotesi di abitazione principale, contempla anche le ipotesi di coniugi separati e divorziati cui viene assegnata la casa familiare in presenza di affidamento dei figli. In questo caso, il genitore assegnatario diviene titolare di un diritto di abitazione sullo stesso immobile. Da ciò consegue che, in presenza di figli minori, il genitore assegnatario nulla dovrà pagare in termini di imposta. Qualora invece i figli minori non vi siano, l’imposizione (e la correlativa esenzione) seguirà i principi ordinari. Quindi, se l’immobile appartiene al coniuge, che però non è assegnatario dello stesso, la casa farà capo solo a questi e non vi sarà alcun diritto all’esenzione, dovendosi pagare l’imposta in misura piena. Infine, nelle ipotesi in cui il bene appartenga a entrambi i coniugi, ciò che rileverà saranno le singole quote di possesso. Pertanto, quella parte di casa che fa capo al coniuge non assegnatario pagherà l’imposta, mentre la parte di casa che fa capo al coniuge che la utilizza, sempre che vi abbia la residenza anagrafica e la dimora abituale, sarà considerata esente da imposizione, quale abitazione principale.
Con autonomo avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2011, il Comune di Pomezia (RM) contestava al contribuente l’omesso versamento dell’ICI relativa a un’area edificabile. Avverso tale atto, la parte proponeva impugnazione. Il ricorso veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma e, successivamente, dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Giungeva quindi innanzi alla Corte di Cassazione, cui il contribuente si rivolgeva per la riforma della sentenza. Le doglianze avanzate in sede di legittimità erano relative all’omessa considerazione, da parte dei giudici di appello, dell’effettiva potenzialità edificatoria del terreno. Ancora, si lamentava l’omessa considerazione dell’interesse pubblico del bene e la mancata considerazione dell’inserimento del terreno nel piano paesaggistico inderogabile, con conseguente impossibilità di edificare. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33012 del 14 dicembre 2019, ha dapprima affermato il necessario rispetto di quanto statuito dalle SS.UU. con la sentenza n. 25506/2006 secondo cui l’edificabilità dell’area ai fini ICI discende dalla sua inclusione nel Piano Regolatore Generale. Di poi, i giudici di legittimità hanno stabilito che bisogna tenere conto di quanto stabilito negli atti di pianificazione territoriale. […]
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Più volte, ben quattro solo nel mese di ottobre di quest’anno, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della revisione del classamento degli immobili effettuata dall’Agenzia delle Entrate (già Agenzia del Territorio). Come noto, la procedura è quella di cui all’articolo 1, comma 335, della Legge n. 311/2004 e, su questa, hanno sentenziato i Giudici di legittimità. Gli Ermellini hanno deciso su quattro ricorsi proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso altrettante sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Puglia. Il caso sottoposto alla loro attenzione riguardava gli estimi attribuiti ad alcuni immobili siti nel Comune di Lecce, oggetto di avvisi di accertamento che avevano formato materia di ricorso in primo grado. Da una parte, l’Amministrazione Finanziaria ha impugnato le sentenze dei giudici regionali perchè non avevano disposto la sospensione del processo, causa la pendenza di altro processo dinanzi al Consiglio di Stato con oggetto il classamento di alcune microzone del Comune di Lecce. Con le Ordinanze nn. 25008, 27349, 27363 e 27379, tutte del mese di ottobre 2019, il motivo è stato dichiarato non fondato dalla Corte. Con riferimento poi all’eccepita violazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente, il Supremo Collegio, ha detto […]
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