Alessandro Piangiamore, Untitled

Per le agevolazioni delle accise sul gasolio per autotrasporto, gli errori della dichiarazione trimestrale di consumo, accertati dall’Agenzia delle Dogane dopo la fruizione del credito, determinano la perdita dei benefici solo per quegli importi irregolarmente dichiarati o documentati e non per l’intera agevolazione.

Lo ha stabilito la Cassazione civ. Sez. V Ord., n. 5812 del 03-03-2020, che si è pronunciata sulla seguente questione.

Una società presentava dichiarazione trimestrale di consumo per fruire dell’agevolazione di cui alla L. n. 448 del 1998 e al D.P.R. n. 277 del 2000 in materia di incrementi di accisa sul gasolio per autotrasporto. Decorso il termine di sessanta giorni dalla presentazione delle dichiarazioni e formatosi il cd. silenzio assenso, la società utilizzava il credito in compensazione.

L’Agenzia delle Dogane, in sede di controllo delle dichiarazioni, annullava l’atto di assenso perchè rilevava l’esistenza di irregolarità e notificava appositi avvisi di accertamento. Contro questi atti, la società proponeva regolare ricorso sostenendo l’illegittimità del recupero per quegli importi che risultavano regolari. L’impugnazione era accolta dalla Commissione tributaria di primo grado, sempre limitatamente a questi importi; la decisione veniva poi confermata dal giudice d’appello. L’Agenzia delle Dogane proponeva quindi ricorso per cassazione.

Per i Giudici di legittimità, la dichiarazione di consumo di cui all’art. 3 è presentata sotto la responsabilità del contribuente. L’Amministrazione Finanziaria provvede all’istruzione della pratica determinando, entro 60 giorni dalla richiesta, l’importo complessivo del credito spettante, oppure, laddove non vi siano i presupposti, adottando un provvedimento di diniego. Laddove poi il termine decorra senza l’adozione di alcun provvedimento, opera il meccanismo del cd. silenzio-assenso, anche se la formazione del silenzio-assenso a favore del contribuente non preclude la permanenza del potere dell’Amministrazione di annullare l’atto di assenso illegittimamente formato, salvo che l’interessato provveda a sanare i vizi.

Ricordano i Supremi Giudici che queste ultime norme sono ispirate ad una duplice ratio: quella di evitare che l’inutile decorso del termine vada a detrimento del contribuente, allungando in termini indefiniti il momento per fruire del credito maturato, e quella di far si che il silenzio-assenso si formi sull’intera richiesta.

Del resto, la permanenza del potere di controllo in capo all’Amministrazione mira a consentire il riconoscimento di un beneficio fiscale solo in presenza dei necessari presupposti (v. Corte di Giustizia, sentenza 2 giugno 2016, in C-418/14, ROZ-WIT, che, nell’esaminare le condizioni di riconoscimento delle esenzioni in materia di prodotti energetici in relazione alla Direttiva 2003/96/CE, ha precisato che “tanto l’impianto sistematico quanto la ratio della direttiva 2003/96 si basano sul principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo”).

Quindi, quando l’Amministrazione “annulla” il silenzio-assenso, adotta un provvedimento impositivo per il recupero delle somme che non potevano essere riconosciute e, invece, sono state indebitamente compensate. Del resto, proseguono i Giudici, il D.P.R. n. 445 del 2000, all’art. 75, stabilisce che “qualora dal controllo di cui all’art. 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera“.

La struttura della norma, quindi, evidenzia che la perdita dei benefici resta – in ogni caso – rapportata a quegli importi per i quali la dichiarazione è non veritiera o non regolare.

Non va trascurato, infine, che benché l’istanza del contribuente tenda a ottenere la fruizione di una agevolazione per un importo unitario, le singole componenti tuttavia sono autonome ed oggetto di specifica valutazione. Solo ove la falsità riguardi un elemento costitutivo dell’istanza, l’intera richiesta resterà travolta, mentre se riguarda specifiche voci, la valutazione manterrà un carattere frazionato.

Per gli Ermellini quindi, le carenze, gli errori, le falsità contenute nella dichiarazione trimestrale di consumo che siano state accertate dall’Amministrazione doganale dopo la formazione del silenzio-assenso e la fruizione del credito, determinano la perdita dei benefici e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni, solo limitatamente a quegli importi irregolarmente dichiarati o documentati e non all’intera agevolazione, salvo che l’attestazione mendace o erronea investa un elemento costitutivo dell’istanza.

Articolo pubblicato su: https://www.2020revisione.it/accise-per-la-dichiarazione-trimestrale-la-perdita-dei-benefici-e-limitata/

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