Partiamo dai termini: il termine di legge per proporre ricorso è di 30 giorni. Al momento, i tempi della giustizia sono sospesi per la pandemia, e quindi il termine di 30 giorni partirà, salvo proroghe, dall’11 maggio. E’ da quel giorno che verranno conteggiati il 30 giorni previsti dalla legge.

Bisogna poi chiarire che chi ha commesso l’infrazione non risponderà anche dal punto di vista penale; le violazioni infatti sono state depenalizzate. Se commesse fino al 25 marzo è stata prevista una multa di 200 euro, mentre per le infrazioni commesse dal 26 marzo in poi, la sanzione amministrativa prevista varia da 400 a 3 mila euro, con lo sconto del 30% se si paga nei 30 giorni.

Chi invece pensa di avere ragione, può proporre ricorso contro gli atti del Comune, dei Vigili urbani, della Provincia, della Polizia provinciale, della Prefettura, dei Carabinieri, della Polizia di Stato o della Guardia di finanza. Successivamente, il ricorso può essere proposto innanzi al Giudice di Pace ma bisogna però dire che se il ricorso viene respinto, la multa raddoppia. Ci vuole quindi una certa competenza per proporre ricorso, proprio per evitare che la multa anziché essere annullata possa addirittura raddoppiare. Inoltre, per chi non paga, è prevista la notifica di un’ingiunzione di pagamento e quindi di una cartella esattoriale. Per tale ragione, è sempre meglio rivolgersi a un avvocato, anche solo per farsi dire se vi siano o meno i presupposti per il ricorso.

Vi è poi da dire che, a oggi, vi sono solo quattro motivi che giustificano lo spostamento: lavoro, urgenza, necessità e salute. Ma questi motivi, per come definiti, sono molto generici e quindi soggetti a una interpretazione dei singoli operatori di polizia. Le norme infatti sono ampie e spesso contraddittorie, ragione per cui i motivi per annullare le multe aumentano.

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