In questi giorni di vera emergenza che sta vivendo l’Italia, a causa del Coronavirus, diventato ormai una vera e propria pandemia, tutti si preoccupano del problema dal punto di vista sanitario.

E lo fanno giustamente, visto che il virus può colpire tutti, senza risparmiare nessuno, anche i più giovani, quelli che fino a poco tempo fa si ritenevano immuni. Le conseguenze di questo disastro però sono non solo sanitarie ma anche economiche perché, con i provvedimenti decisi dal Governo italiano, che ha bloccato ogni attività economica, tranne quelle ritenute essenziali, vi sarà inevitabilmente una riduzione dei consumi, un calo degli ordini, un calo delle commesse, una generalizzata riduzione di fatturato per tutti. Per non parlare di fenomeni speculativi che, soprattutto in momenti come questo, contribuiscono a falsare i mercati, nuocendo alle aziende che invece si comportano correttamente.

Il Governo ha, più volte, detto che andrà incontro a cittadini e imprese per aiutare la ripresa delle domanda e la crescita dei consumi, utilizzando a questo fine tutti gli strumenti che ha disposizione, a cominciare da quelli fiscali. Quindi esenzioni, agevolazioni, riduzioni, sospensione dei pagamenti e della riscossione, tutti quei provvedimenti insomma che, almeno in teoria, dovrebbero consentire una ripresa dell’economia.

Ora sappiamo bene che, molto spesso, “passato il santo, passata la festa”. Passata quindi l’emergenza (e tutti ci auguriamo che passi al più presto), passano anche le buone intenzioni, perché più volte in questi anni, l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato di avere la memoria corta. Con la conseguenza che le tante promesse e la miriade di buone intenzioni, hanno dovuto lasciare il passo alla realtà dei fatti. Potrebbe quindi accadere, come è successo purtroppo in occasione di altre tragedie del nostro Paese, che ci troveremo a fare i conti con un’economia che stenta a riprendersi e una tassazione che torna subito alle stelle. Inoltre, potrebbe succedere che molte delle agevolazioni fiscali che vengono sbandierate in questi giorni non vengano confermate o vengano revocate. Si pensi al terremoto de L’Aquila dove ancora adesso le imprese locali hanno un lungo contenzioso col Fisco per la restituzione degli incentivi ricevuti proprio in occasione di quei tragici eventi. La conseguenza di tutto questo è che le imprese dovranno restituire al Fisco parte delle imposte che si pensava non fossero dovute. Con il rischio di diventare un domani «reduci dal virus e vittime dello Stato».

Certo, sarebbe una palese ingiustizia, ma la possibilità potrebbe essere più reale di quello che sembra. Potrebbe infatti accadere che lo Stato non voglia indietro i soldi di tutte le aziende che hanno ricevuto delle agevolazioni, ma solo di quelle che le hanno ottenute senza averne diritto.

Potrebbero infatti chiedere di beneficiare delle agevolazioni fiscali molte aziende che in realtà non sono state colpite dall’emergenza coronavirus o lo sono state solo in minima parte.

E’ ancora presto per fare dei numeri per comprendere la dimensione del problema, ma il rischio potenziale riguarda  aziende sparse su tutto il territorio nazionale col pericolo che quelle realtà, che non hanno adeguate risorse, falliranno e si perderanno migliaia di posti di lavoro.

A questo proposito, per cercare di farci trovare preparati, ricordiamo che grava sul contribuente, su cui l’Agenzia delle Entrate sta compiendo un accertamento, l’onere di dimostrare la sua innocenza. Anche quando, ha spiegato la Corte di Cassazione con la sentenza 15147/2019, i documenti di prova sono in possesso di un’altra Pubblica Amministrazione.
Ricordiamo poi che la normativa tributaria in tema di ravvedimento è materia in continua evoluzione. L’istituto del ravvedimento è quella possibilità offerta dall’ordinamento di regolarizzare spontaneamente i versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità fiscali, beneficiando di una riduzione delle sanzioni.

Le irregolarità relative alle detrazioni d’imposta sono normalmente rilevate dall’Agenzia delle Entrate attraverso i cosiddetti “controlli formali” (art. 36 ter del Dpr n. 600/1973). Il controllo formale consiste nella verifica della corrispondenza della dichiarazione presentata con la documentazione in possesso dal contribuente.

Vi sono poi dei controlli incrociati, tra i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e quelli in possesso del contribuente. Qualora questi differiscano, l’Agenzia delle Entrate invierà all’impresa una comunicazione d’irregolarità con l’indicazione dell’imposta dovuta e della relativa sanzione.

Quello che raccomandiamo quindi, in questo momento, è di prestare massima attenzione alle notizie che vengono diffuse, anche se la materia fiscale è molto tecnica e spesso di difficile comprensione, perché queste notizie ci potranno essere molto utili domani. Perché, parafrasando il nostro Presidente del Consiglio che ha detto “Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani”, noi dal Fisco vorremmo rimanere distanti non solo oggi ma anche domani, perché gli abbracci, l’Agenzia delle Entrate, speriamo li riservi a qualcun altro!

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