Con l’Ordinanza n. 15706 dell’11 giugno 2019 la Suprema Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sull’applicabilità dell’IVA alla TIA 1 (di cui all’art. 49 D. Lgs. n. 22/1997) e alla TIA 2 (di cui all’art. 238 D. Lgs. n. 152/2005).
La questione nasceva dalla richiesta di una cittadino al Giudice di pace di un decreto ingiuntivo nei confronti della società di gestione del servizio di igiene ambientale nel Comune di Venezia per la restituzione dell’IVA pagata sulla TIA 1 e TIA 2 perché le somme erano ritenute di natura tributaria. Non essendo quindi da considerarsi quale corrispettivo di servizi, non erano assoggettabili ad IVA. Il Tribunale, confermando la sentenza di primo grado, riteneva la TIA 1, già considerata tributo, assimilabile alla TIA 2, anch’essa di natura tributaria, nonostante il disposto contrario dell’art. 14, comma 33, del D.L. n. 78/2010. La società di gestione del servizio rifiuti proponeva allora ricorso per Cassazione contestando l’assimilazione della TIA 1 alla TIA 2.
Il Supremo Collegio ha dato seguito a quanto affermato dalla sentenza n. 16332/2018 della stessa Corte, secondo cui la tariffa dell’art. 238 D. Lgs. n. 152/2006, come interpretata dall’art. 14, comma 33 D.L. n. 78/2010, ha natura privatistica. Per i giudici infatti, nella TIA 2 l’obbligo del pagamento risiede nella produzione dei rifiuti, quindi nell’effettiva fruizione del servizio e non influisce sul punto il fatto che il pagamento sia della TIA 1 che della TIA 2 sia obbligatorio per legge, poiché l’art. 3 del DPR n. 633/1972 prevede che le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere costituiscono prestazioni di servizi, ai fini dell’assoggettamento ad IVA, qualunque ne sia la fonte.
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