Molti casi sono stati posti all’attenzione degli operatori del diritto circa la possibilità di detrarre l’IVA nell’ipotesi di irregolarità commesse dall’emittente della fattura e sul conseguente ruolo del soggetto passivo, rectius sulla consapevolezza di questi che a monte, nella catena delle prestazioni, fosse intervenuta un’evasione.

Tematica questa che si innesta su un’altra fattispecie, quella in cui  l’Agenzia delle Entrate, con apposito atto di accertamento, provveda anche al disconoscimento dei costi ai fini delle II. DD, oltre che a contestare la detraibilità della connessa IVA, sull’assunto che le fatture emesse, pur essendo addebitabili all’effettivo prestatore del servizio, fossero però riconducibili ad una partita IVA cessata.

Per esaminare la questione, si deve necessariamente partire dalla considerazione che, in materia, vi è sostanziale carenza di giurisprudenza nazionale, elemento che porta a fare ricorso alle pronunce del giudice europeo (Corte di Giustizia, cause riunite C80-11 e C 142-11) secondo il quale “la detrazione dell’IVA non può essere negata a causa di irregolarità commesse dall’emittente della fattura” e per procedere diversamente è necessario invece che “l’amministrazione dimostri che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che, a monte, nella catena delle prestazioni, era intervenuta un’evasione”.

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